Democrazia Diretta e Sovranità Monetaria

Democrazia

Il termine democrazia deriva dal greco δῆμος (démos): popolo e κράτος (cràtos): potere, ed etimologicamente significa governo del popolo.

Il concetto di democrazia non è cristallizzato in una sola versione o in un’unica concreta traduzione, ma può trovare ed ha trovato la sua espressione storica in diverse espressioni ed applicazioni, tutte caratterizzate per altro dalla ricerca di una modalità capace di dare al popolo la potestà effettiva di governare.

« La vita di un popolo non consiste nel diritto di eleggere i propri rappresentanti, ma nell’invogliarli, nel dirigerli sulla via, nel trasmettere loro la propria ispirazione. Nelle piccole repubbliche antiche, il popolo era chiamato a decidere intorno le leggi proposte. Nei grandi Stati moderni, l’associazione deve supplire all’esercizio impossibile di quel diritto. L’opinione del Paese dovrebbe legalmente, normalmente rivelarsi al governo intorno a ogni cosa che tocca i più. »
(Aurelio Saffi)

« Spesso abbiamo stampato la parola Democrazia. Eppure non mi stancherò di ripetere che è una parola il cui senso reale è ancora dormiente, non è ancora stato risvegliato, nonostante la risonanza delle molte furiose tempeste da cui sono provenute le sue sillabe, da penne o lingue. è una grande parola, la cui storia, suppongo, non è ancora stata scritta, perché quella storia deve ancora essere messa in atto. »
(Walt Whitman, Prospettive democratiche)

 

 


Democrazia diretta e democrazia rappresentativa

Una prima classificazione della democrazia può essere tra democrazia diretta e democrazia indiretta.

* Nella democrazia diretta il potere è esercitato direttamente dal popolo, come avveniva nell’antica Grecia, dove i cittadini si riunivano nell’agorà (oggi la piazza).

* Nella democrazia indiretta il potere è esercitato da rappresentanti eletti dal popolo (il parlamento). L’Italia è una repubblica parlamentare (quindi a democrazia indiretta) che usa come unici strumenti di democrazia diretta il referendum e l’iniziativa popolare.

La Svizzera è una delle poche repubbliche al mondo che funzionano con il meccanismo della democrazia diretta.
Strumenti di questa democrazia diretta sono il referendum abrogativo e il referendum propositivo, che possono essere indetti da Parlamento e Governo o direttamente dai cittadini, tramite le petizioni di firme. La Costituzione disciplina le materie che devono obbligatoriamente essere sottoposte al voto popolare. Fra queste: qualsiasi modifica alla Costituzione e l’introduzione di codici di leggi come quello civile e penale.

La democrazia diretta o partecipativa venne applicata nella Grecia delle poleis, nella Roma repubblicana e in parte nei Comuni italiani tra XII e XIV secolo.

LA DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA NELLA ROMA REPUBBLICANA

Roma nel periodo repubblicano (510 a.C. – 30 a.C.) diede vita ad una democrazia equilibrata.

I cittadini ebbero la possibilità di esprimere la propria volontà mediante il voto sia per eleggere i propri governanti (potere esecutivo) sia per approvare le leggi dello Stato (potere legislativo), sia per giudicare dei reati (potere giudiziario).

Esistevano tre differenti metodi elettorali. I comitia curiata tenevano conto della famiglia, i comitia tributa della residenza, i comitia centuriata del reddito e dell’età.

Il Senato era costituito da coloro che avevano ricoperto cariche pubbliche e quindi era eletto indirettamente dal popolo quando eleggeva i governanti.

I tribuni della plebe erano a protezione di tutti i cittadini a qualunque classe appartenessero, ed avevano il compito fondamentale di proteggere dagli abusi e dai soprusi delle autorità.

Le cariche erano a tempo (in genere un anno, solo i senatori erano a vita) e ripartite tra più persone (2 consoli, 2 censori, 10 tribuni, 6 pretori, 8 questori, ecc.), in modo da evitare la concentrazione del potere.

Non esistevano blocchi per l’accesso alle cariche. Anche homines novi potevano raggiungere i più alti gradi dell’amministrazione pubblica.

Un sottile gioco di equilibrio impediva ad ogni autorità di agire indiscriminatamente. I censori potevano espellere i senatori anche se erano a vita, i tribuni potevano bloccare gli atti delle aurorità, i senatori potevano preparare le leggi, ma non potevano approvarle, le assemble popolari potevano approvare o respingere le leggi, ma non potevano proporle, ecc.

Ogni magistrato poteva essere chiamato a rispondere in giudizio del proprio operato al termine della carica.

Attraverso secoli di riforme Roma era riuscita a realizzare una repubblica veramente res publica. Il cittadino romano era orgoglioso di essere civis romanus.

Il cittadino romano era impegnato per molta parte del suo tempo nella attività politica.

Circa la metà dei giorni dell’anno erano qualificati dal calendario romano come dies comitiales, giorni nei quali era possibile tenere comitia, ossia assemblee pubbliche.

Il cittadino partecipava alle assemblee per:

– eleggere direttamente i responsabili della pubblica amministrazione: dai presidenti del consiglio (almeno 2), ai ministri, ai prefetti, ai questori, ai giudici, ai procuratori, ecc.

– approvare le leggi

– giudicare alcuni casi di rilevante importanza.

Potevano partecipare alle assemblee i cittadini maschi maggiorenni (di età superiore a 16 anni). Erano esclusi gli stranieri, anche se residenti, gli schiavi, le donne.

Esistevano tre assemblee:

– i comitia curiata, dove i cittadini partecipavano divisi in 30 curie, raggruppamenti di diverse gentes, a loro volta raggruppamenti di famiglie;

– i comitia tributa, dove i cittadini partecipavano divisi in 35 tribù, raggruppamenti su base territoriale;

– i comitia centuriata, dove i cittadini partecipavano divisi in 193 centuriae, raggruppamenti sulla base del censo e dell’età.

All’interno dei raggruppamenti, una sorta di circoscrizioni elettorali, vigeva il principio una testa un voto.

I raggruppamenti non erano omogenei numericamente. Ad esempio metà delle centuriae era di giovani (dai 17 ai 46 anni) e metà di anziani (superiori ai 46 anni). In tal modo si teneva conto della maggiore esperienza degli anziani.

I risultati delle votazioni erano a maggioranza su base circoscrizionale (una circoscrizione un voto).

Venne assicurata la segretezza del voto per evitare brogli elettorali.

Il Senato fu costituito per gran parte del periodo repubblicano da 300 membri a vita. I senatori erano ex amministratori pubblici che venivano inseriti di diritto nelle liste senatoriali. Ma poiché gli amministratori erano eletti dal popolo, non poteva entrare in senato se non chi era stato eletto dal popolo.

Il Senato non poteva legiferare, ma solo preparare le leggi che poi i comitia avrebbero approvato o respinto.

Il popolo poteva anche approvare delle leggi nei comitia tributa senza l’intervento del Senato.

Nella Roma repubblicana esisteva sostanzialmente una forma di democrazia diretta, senza l’intermediazione dei politici di professione tipica della odierna democrazia.

I candidati alle cariche pubbliche (consoli, pretori, edili, questori, tribuni, ecc.) dovevano seguire un iter prestabilito con intervalli temporali minimi tra una carica e la seguente. La reiterazione della carica era solitamente proibita. Cominciando verso i 30 anni la carriera poteva concludersi con il consolato intorno ai 40-45 anni.

Le cariche avevano una durata molto limitata (1 anno) ed erano attribuite ad un minimo di due persone contemporaneamente per non consentire che troppo potere fosse concentrato in un solo individuo.

Le elezioni dei consoli si tenevano in genere a luglio, ma l’entrata in carica era prevista per gennaio dell’anno seguente. In tal modo i consoli avevano solo sei mesi (da gennaio a giugno) di potere indipendente, poi dovevano tener presenti i loro successori.

I tribuni della plebe non appartenevano alla schiera degli amministratori, ma venivano eletti per proteggere i cittadini dagli abusi degli amministratori. Ad essi i cittadini (patrizi o plebei) potevano ricorrere contro il potere costituito.